Diffondere un Metodo è difficile. Forse perché in fondo non si tratta solo di un Metodo, è un modo di vedere le cose. E’ un modo di vivere l’infanzia. Girare nelle scuole può darti occasioni; non arrivano subito, si fanno desiderare. E’ come se ti mettessero alla prova. Le occasioni prima ti tentano, vorresti mollare, non ce la fai più, perdi il senso di ciò che fai. Poi quando stai quasi per toccare terra, arrivano. All’improvviso ti colgono nella sorpresa di una richiesta. “Vieni a scuola e mostraci come si fa”.
Condividere un desiderio? forse è stato questo a creare una sinergia perfetta tra educazione e riabilitazione. Ma ora racconterò la storia di questa esperienza che mi ha toccato il cuore.
Sono entrata in aula un martedì mattina. All’inizio i bimbi mi hanno ignorato, mi guardavano di soppiatto chiedendosi se ero la sorella di qualcuno. A gruppetti, un po’alla volta sono arrivati e hanno iniziato le loro attività. Un bacio alla mamma, un papà con un peluche in mano, “fai il bravo” dice la nonna, un altro non ne vuole sapere di staccarsi e tira la mamma fino in centro alla stanza.
E’ così che inizia la vita all’asilo, con la stanza che si riempie mano a mano di ventitré paia di occhi vispi. Qualcuno si stropiccia gli occhi, qualcun altro si avvicina a qualche gioco, si sono svegliati a casa ma hanno portato con loro un po’di sonno, un po’di rituali del mattino.
Li guardo tutta la mattina; vedo i dubbi, i capricci, i dispetti, ma vedo anche il loro essere bambini, il loro essere davvero bambini, ascolto le loro domande, i sorrisi, vedo il loro movimento e ciò che desiderano. Guardo con curiosità lo sconforto di alcuni che aspettano desiderosi l’arrivo della mamma, e vedo la tenerezza della maestra che li consola, che li capisce. Ogni tanto penso a me, a quando ero al posto loro e quasi mi emoziono al saperli così piccoli e così pieni di futuro.
La maestra mi chiede di iniziare un’attività con loro. Allora ritorno, un altro giorno.
E’ una bella mattina, sono emozionata. Chissà se i bambini saranno contenti di lavorare con me. Mi sono portata da casa gli attrezzi del mestiere e così la mia nuova giornata comincia.
Quando sono arrivata ho deciso di mettermi a fianco a loro. Succede così con i piccoli, che hai il piacere di condividere, ti assalgono di domande, sono curiosi di sapere cosa fai, chi sei, perché sei lì e ovviamente…se giochi con loro! Mi sono seduta in una piccola seggiolina e così, in mezzo ai Lego e alle letterine mobili ho iniziato a colorare e a disegnare lettere.
“Io non le so fare le lettere” è uno dei più grandi e guarda il foglio desideroso.
“Le vuoi imparare?” gli chiedo sorridendo. Fa di sì con la testa
“Vedi come fa questa?” lui annuisce e dice che la conosce. Un po’alla volta me ne scrive altre, mica lo sapeva di conoscerle!
“Hai visto che sai scrivere le letterine?” gli dico, lui è contento e mi guarda orgoglioso.
Si avvicina una più piccolina e mi dice “ma tu come hai fatto a impararle?” Allora le prendo la mano e le faccio scrivere una A “Così!” le dico. La piccola bambina se ne va in giro col suo foglio e scrive altre A, poi me le mostra e dico che ha capito “Allora ho imparato?” Le dico di si e trascina un’altra bambina a imparare.
In poco tempo sono accerchiata dai bambini, qualcuno colora, qualcun altro mi mostra lettere, un altro mi racconta come è fatto un aereo! E siamo tutti lì, insieme, nel piacere del sapere, nella curiosità della conoscenza.
Poi iniziamo l’attività. Da casa mi ero portata due pupazzi, un gufo che ho chiamato “il gufo vergognino perché se sente rumore si nasconde” e l’altro un drago “birbante che non vuole imparare”. E’ straordinario come i bambini ridono facilmente, a volte penso che diventare adulti ti insegni a ridere meno. Se vuoi ridere di più devi tirare fuori il sorriso del tuo bambino. E così il mio drago ha una specie di lingua che fa “BLEBLEBLEBLE”. I bimbi ridono, e iniziano a muovere la bocca, la lingua e le guance. Chiedo ai bambini se vogliono aiutare il mio drago a imparare le lettere con la bocca…e figurati se mi dicevano di no! Allora inizia un gioco di gonfiamento guance, di linguacce che sbucano e rientrano, che tentano di toccarsi il naso e che scappano. E’ importante mobilizzare la bocca! E i bimbi si divertono a fare boccacce! Alla fine attacco le bocche articolatorie della A della E della I della O e della U sulla lavagna magnetica e insegno ai bambini come si dicono; poi consegno ad ognuno una letterina che chiameranno per nome quando la devono attaccare. Ecco che hanno ripetuto tante volte la letterina ad alta voce e l’hanno fatto insieme! Alla fine il gufo domanda ai bambini le letterine, ogni tanto senti U al posto di O, ma è normale è la prima volta e stiamo imparando, in generale le sanno! Che bello, ha funzionato!!
Poi lavoriamo sul racconto delle storie. Una mia amica ha preparato alcuni pezzi “mobili” così posso mostrare ai bimbi cosa succede; è la storia di due lumache che si sono perse e allora mostro loro queste due lumache disegnate che si spostano nello spazio della campagna. Le ventitré paia di occhi mi guardano e cercano di indovinare cosa capita, sono rapiti dal racconto! Alla fine, tre bimbi vogliono raccontare la storia davanti a tutti, con le immagini ma soprattutto con le lumache! Qualcuno la storia non la ricorda allora dico a tutti gli altri che possiamo completare il racconto con i pezzi che mancano e così facciamo!
I bimbi hanno ripetuto la storia tre volte e nemmeno se ne sono accorti, poi a tutti consegno le immagini da mettere in ordine e leggo loro la storia “E’ questa la prima!” mi dice uno, sventolando trionfante una figura. “Sì anche io ce l’ho!” Mi dice un altro. E così in coro anche gli altri. A tutti dico sì, che sono bravi e che hanno trovato quella giusta! Lo facciamo per tutte e poi si mettono a colorare.
Uno di loro fa i dispetti, ruba i colori al vicino, allora mi accuccio a fianco a lui e gli chiedo di che colore sono per lui le lumache. “Viola e gialle” “Viola e gialle? Che bellissimo colore! Dai che poi mi fai vedere come hai fatto!” Il bambino non disturba più e mi fa vedere le sue bellissime lumache viola e gialle!
Devo andare via, starei con loro tutto il giorno; li lascio mentre colorano, qualcuno mi domanda se devo proprio andare…dico di sì ma che verrò a trovarli, per ora il mio compito è finito e di questa esperienza sarò grata per sempre alla loro maestra.