Le Tabelline Divertenti

E’ in programmazione per MAGGIO l’uscita del volume

“Le Tabelline Divertenti”

Le Tabelline Divertenti

Il metodo  “Le Tabelline Divertenti” nasce dall’esigenza in ambito clinico di trovare un materiale di grande interesse, che possa essere manipolabile  e allo stesso tempo efficace sul piano visivo.

Tale progetto è stato pensato per i piccoli che si affacciano all’apprendimento delle tabelline poiché si ritiene che spezzettando il compito in sottocomponenti più evidenti e salienti si possa garantire un apprendimento graduale ed efficace.

Questo sistema è adatto a tutti i bambini ed è dotato di tabelle ricopiabili perché è importante che nella fase di apprendimento sia garantita la possibilità di vivere un’esperienza concreta.

La versatilità di questo Metodo consente numerose applicazioni, dalla semplice copia di tabelle, al gioco del trovare il numero, al posizionamento del numero corretto al posto giusto come in una tombola.

Prezzo di copertina: 25 euro

Per info: vittoriaeditrice@tiscali.it oppure CONTATTACI

Cosa fare se un bambino non vuole andare a scuola?

“Io a scuola non ci voglio andare!”

  1. Stanchezza o disagio reale? il fatto che un bambino non voglia andare a scuola potrebbe essere sinonimo di disagio oppure di semplice stanchezza, l’occhio attento del genitore può fare la differenza nel capire quale dei due momenti si sta verificando
  2. Piccolo o grande? Inutile dire che il tipo di comportamento a seconda dell’età e del momento durante l’anno scolastico sono determinanti. Facciamo un esempio: se un bimbo di 3 anni, a due settimane dall’ingresso in asilo protesta, sta probabilmente mettendo in evidenza che il suo è un momento di passaggio e ha bisogno di tutta la vostra resistenza per andare avanti. Se invece, il pianto disperato continua per mesi, vuol dire che c’è qualcosa che non va e vale la pena accertare che cosa sia.
  3. Che fare? La tranquillità del genitore è la tranquillità del figlio. Se un genitore si mostra sereno e sorridente nel portare a scuola il bambino sarà più facile per lui tranquillizzarsi perché ha come risposta emotiva un’espressione che gli dà serenità.
  4. Quando il bambino esce da scuola bisogna mostrare interesse, reale ovviamente, per tutte le attività che ha svolto a scuola; questo contribuisce a far capire al bambino che il genitore si appassiona al suo apprendimento
  5. Se avete il sospetto che vostro figlio covi un problema reale, credetegli e andate a fondo! Si può domandare l’opinione delle maestre che vi potranno esprimere il loro parere visto che lo vedono a scuola tante ore, ogni suggerimento può essere utile!images

Con 3 mosse imparo la A

Attraverso l’utilizzo di “Leggo Anch’Io – Il metodo delle Sillabe Scritte” facciamo leggescrivere la A in 3 semplici mosse:

A  A  A  A  A  A

1. fai vedere al tuo

bambino com’è messa la bocca che dice “A”

2. fagli vedere com’è fatta la

letterina scritta sotto e insieme ripetete “A”

3. fagliela aiutandolo con dei puntini

Ripeti l’esercizio giocando,

vedrai com’è semplice!

 

 

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La riabilitazione tra scienza e logica di una pratica

Che cos’è la riabilitazione senza amore?

Il problema del fondere la teoria con la pratica è quello di plasmare nella quotidianità le conoscenze teoriche e scientifiche. E’ il problema di individuare il giusto equilibrio tra scientificità e umanità. Siamo il risultato della società del pensiero. Siamo il risultato del cogito ergo sum. Siamo il risultato della potenza del pensiero umano anteposto alla centralità dei sentimenti. Amore? Roba da romantici farneticanti di un’esistenza frivola. Siamo il risultato della scienza. E ci siamo trovati con la scienza dell’economia, la scienza della didattica, la scienza del commercio, la scienza della politica, la scienza del fare, la scienza del “si fa così” perché lo dice la scienza.

Il fatto è che la teoria senza la pratica e la pratica senza la teoria isolatamente comunicano un senso di dispersione, di vuoto e di carenza. Una pratica che non si fonda su una teoria, dove per teoria intendo la logica di un pensiero, è un agito senza significato. Una teoria senza il suo corrispettivo considerare la logica dell’errore è una teoria fine a se stessa. E’ così che nella pratica quotidiana avviene uno scontro continuo, una messa in discussione costante, tra ciò che so, perché l’ho studiato, e ciò che vedo. A chi devo credere? Mi capita di non ritrovare il nesso della conoscenza letta sui libri e l’esperienza. Allora mi chiedo che cosa voglia dire riabilitare; ma soprattutto la domanda diventa che cos’è la cura e chi sto curando.

Chi è il soggetto della riabilitazione? Credo di potermi rispondere che la riabilitazione è logica dell’azione. Azione e pensiero in un sol istante. Bisogna accorciare le distanze, tra mente e ambiente, tra natura e cultura, tra pensiero e sentimento. Un elemento fondamentale della pratica, della nostra pratica, è considerare il linguaggio come un atto motorio. Il soggetto della pratica allora diventa il soggetto dell’azione. Il bambino è azione, è motricità, è sviluppo, è “condurre spingendo” verso la vita, verso l’energia. Lo è, ma con un limite. Per dire “mamma” devo necessariamente fermare un atto motorio affinché esso sia delimitato in un tempo e in uno spazio, seguendo una regola, che abbiamo chiamato “configurazione”. Il limite è positivo, non dice dove non posso arrivare, dice solo che c’è una fine che garantisce un inizio.

L’azione deve essere allo stesso tempo facile per essere delimitata, perché se è manipolabile allora è più semplice creare un circuito che si automonitora. Il problema allora diventa la motivazione all’azione, la spinta all’uso dell’azione facile, il bisogno di esplorare e di conoscere. Motivazione intesa come forza motrice, non come coscienza nel fare. Diventa il problema dell’identità, dell’appartenenza dell’essere umano ad un senso da condividere anche nella patologia, nel non riuscire e nel non potere. Perché che ci sto a fare io qui, se la mia azione non è facile? E’ negli occhi del terapista che si trova il senso, la determinazione, sapendo anche che il limite funziona per l’azione quando viene da sé ma anche per l’azione che viene da fuori. Diventa che “automonitorarsi” è il sinonimo di “autoaffermarsi” in una relazione qualitativa con l’Altro. Come si concilia questo con un test? Come si concilia questo con una valutazione della prestazione?

Dobbiamo essere scientifici, ma non possiamo non essere umani.

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