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I genitori chiedono scusa?

Alcuni genitori dicono che per tenere il ruolo in famiglia chiedono scusa ai propri figli perché altrimenti perdono di credibilità.

Sicuri?

In realtà la questione è che se un genitore chiede scusa è perché ha ragionato su un certo evento, ha capito che in qualche modo il suo comportamento ha ferito il proprio figlio ed è tornato sui suoi passi per rimediare.

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Perché questo dovrebbe essere sbagliato?

Chiedere scusa, o parlarne, insieme permette di riparare dove ci sono state delle incomprensioni, delle aspettative e magari ridimensionare alcuni ideali che rischiano di essere lontani dalla realtà.

Perciò, chiedere scusa è una cosa molto difficile perché vuol dire riconoscere con se stessi di aver sbagliato, ma agli occhi di un bambino, questa consapevolezza del genitore e il fatto che si possa permettere di mettersi accucciato ad altezza degli occhi di suo figlio è solo un valore aggiunto.

La rabbia dei bambini

Cosa fare se un bambino si arrabbia?

 

La rabbia è una risposta naturale dell’organismo a situazioni di provocazione.

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Che fare quindi se un bambino si arrabbia? Ti diamo alcuni consigli.

  1. comprenderne la tipologia cioè se è celata o manifesta
  2. valutare il motivo, si avvicina di più al capriccio o è un motivo serio?
  3. stabilire la gravità: se è un motivo serio bisogna capire di quale entità e perché turba il bambino.
  4. comprendere se lo sfogo può mettere in pericolo il bambino, per esempio se ha delle manifestazioni che potrebbero farlo cadere o farsi del male.
  5. mantenere un atteggiamento calmo per dare un rimando di tranquillità
  6. credere alla rabbia del bambino, se la esprime vuol dire che ha le sue ragioni…
  7. tenere conto che ci sono dei bambini che hanno bisogno di “sfogarsi”, può essere utile dargli gli imballaggi di carta su cui saltare sopra per romperli :)

Ci sono situazioni che non sai gestire e hai bisogno di un consiglio?

Contattaci!!!!

Volere è potere

imparare-a-parlareNe siamo proprio sicuri?

 

Allora vorrei partire da qui.

Una delle definizioni di prassia dice che

“…è un atto motorio finalizzato ad uno scopo

sottoposto inevitabilmente alla volontà del soggetto…”.

Se intendiamo quindi che una dis – prassia è l’incapacità parziale del soggetto di compiere un’azione volontaria, se ne deduce che bisognerebbe lavorare sulla volontà, quindi sulla consapevolezza. Bell’affare.

E se invece ipotizzassimo che non fosse un problema di volontà del soggetto, ma di “volontà” del sistema.

 

In un bellissimo articolo, la Dott.ssa Rinaldi, parla dell’azione semplice. Cioè della capacità del sistema motorio di sapere come deve fare già da sé.

E’ come se nascessimo dotati di un patrimonio che ci consente di fare alcune cose. Quel patrimonio può essere sviluppato e potenzialmente si potrebbe mettere in azione qualsiasi cosa! Fantastico!

Basta insegnare al proprio sistema motorio che in realtà ha già di per se stesso una propria consapevolezza.

Il problema evidentemente si presenta quando quello stesso patrimonio non è sufficiente, o c’ha qualcosa che non va per cui dall’azione semplice si passa all’azione difficile, talmente complessa che in qualche caso proprio manca.

Si può ancora dire però che è la volontà del soggetto a mancare?

Mi sembra che messa in questi termini, quella della volontà del soggetto, la questione prenda una piega non di facile risoluzione, una specie di vicolo cieco.

Come fa un bambino a non voler giocare? Non è che magari è il suo sistema motorio che non vuole, o meglio non può, giocare?

Allo stesso modo, prendiamo un bimbo che non riesce a disegnare. È perché non vuole?

Mi chiedo dunque dove sia questa famosa sede della volontà. L’unica cosa che ho trovato, per lo meno in ambito riabilitativo, è che la volontà nasce nel momento in cui un altro vede che ce la puoi fare. La volontà nasce dal desiderio dell’altro che unicamente in una posizione etica ti aiuta a rinascere in una nuova posizione.

La volontà si crea dalla relazione con l’altro che ti prende per mano e aiuta a rendere volenteroso anche il sistema motorio.

 

Comunque, bell’affare anche questo, non c’è che dire!

Basta con le scuole incubo!

Sicuramente la mia posizione è di parte, e per fortuna. Bisogna avere molto coraggio per essere dalla parte dei bambini e vorrei che tutti gli adulti si assumessero una buona volta questo ruolo.rabbia

Non si tratta di difendere i poverini indifesi, bensì di riconoscere loro una dignità che spesso non viene neanche considerata.

Dunque mi trovo in queste situazioni per cui alcuni professori e insegnanti sono capaci di impuntarsi sulle questioni più disparate e consentitemelo, stupide.

Come se il ruolo educativo fosse un tremendo gioco di potere in cui tu devi diventare quello che voglio io, perché io so cosa è bene per te.

Domanda: siete sicuri che essendo così certi non vi state sbagliando?

 

Veniamo alla sostanza:

“Il bambino scrive male” dichiarazione del professore. Gli chiedi se è perché non si capisce la scrittura e ti dice che no, la scrittura è leggibile, ma è infantile. In che senso? E’ la scrittura di un bambino più piccolo. E allora? e allora non va bene…

 

Altra situazione: “la bambina vuole a tutti i costi fare bene” dice la maestra. Mi chiedo se questo è un problema “si impunta perché non riesce” chiedo allora se la si può mettere nella condizione di riuscire e mi viene risposto che così la bambina non può crescere. Mi domando se un bambino possa crescere bene con una frustrazione non adeguata a ciò che può fare.

 

“La bambina non legge perché non vuole” certamente, in prima elementare se una cosa ti riesce difficile non la fai perché non vuoi mica perché non puoi. Perché metterla in forma morale? perché non si può considerare anche solo l’ipotesi di parlare con quel bambino e chiedergli cosa c’è che non va?

” La bambina non saluta la mattina” dice la maestra. “Forse non ci arriva” aggiunge.

“La bambina non è in grado di fare niente, quando le chiedo di fare una cosa guarda la lavagna”. Poi scopri che le avevano chiesto le frazioni in seconda elementare.

 

Note date perché i compiti non sono eseguiti precisamente secondo lo schema dell’insegnante.

Note per il modo di vestire.

Note per il modo di guardare fuori dalla finestra.

Note per come ti gratti la testa.

Richiami continui perché il bambino è stanco e si distrae.

Colloqui genitori perché il bambino non si impegna abbastanza.

 

La smettiamo?

 

Il risultato di questo modo di fare è che qualche bambino, molto pochi devo dire, riesce a non ascoltare questo mondo di polemica circostante. Ma quelli più sensibili sono sopraffatti da questa modalità giudicatrice e polemica. BASTA! I bambini hanno bisogno di serenità non di critiche affatto costruttive.

 

Allora faccio un appello ai bambini, cominciate a mettere voi le note a questi professori e insegnanti, perché vi confido un segreto, di errori questi adulti ne fanno un mucchio!

5 buoni consigli per mettere a letto un bambino

imagesDormire è fondamentale, senza una bella dormita durante la notte è più facile essere stanchi e nervosi durante il giorno.

Ecco alcuni consigli su cosa fare per garantire la buona riuscita della “messa a letto”:

1. La notte è per il bambino un passaggio in cui perde il controllo delle sue attività, per questo motivo più è prevedibile tale passaggio più il bambino sarà tranquillo. Cantagli una ninna nanna, fai più o meno le stesse cose e crea un rituale per far addormentare il tuo bambino che accompagni il sonno del tuo piccolo e che gli dia il ritmo della pace del sonno.

2. Se il bambino ha paura di dormire, rimani un pochino con lui fino a che non si è addormentato e rassicuralo della tua presenza fino a che non si calma!

3. Dormire nel proprio letto è importante! Non abituare tuo figlio a dormire al di fuori. Lettone si o lettone no? Se è un’eccezione va bene ma non è una sana abitudine far dormire un bambino nel letto di mamma e papà.

4. Non far vedere a tuo figlio troppa televisione o non farlo troppo giocare con i video giochi prima di addormentarsi, la scarica di energie che essi producono rischierebbe di ritardare lo stato di quiete indispensabile per dormire.

5. A volte capita che ci si svegli durante la notte, metti il tuo piccolo nella condizione di tranquillizzarsi se si dovesse svegliare in modo che si possa riaddormentare da solo. I bambini abitano il mondo della fantasia, che li può aiutare nei momenti difficili per esempio dicendo che l’orsetto proteggerà il sonno dai brutti sogni della notte.

e ricorda…più un genitore è tranquillo e più sarà facile trasmettere tranquillità!

L’amore secondo i bambini

Sara guardava distrattamente la lavagna mentre la maestra spiegava un nonsochè di storia.

 

Mario continuava a buttare l’occhio sulle sue treccine, che bello deve essere toccarle! Chissà come ha fatto a farle così bene.

 

Mario prende la gomma ci scrive sopra qualcosa, poi la passa a Giuseppe che la dia a Fabio che la passi a Margherita che lo dia a Sara.

Ti metti con me? Dice la gomma.

Si – No. Bisogna scegliere

Sara legge la gomma, si gira verso Margherita, che indica Fabio, che lancia un’occhiata a Giuseppe che indica Mario. Mario vuole toccare le treccine! Ma Sara dice di no. E si gira dall’altra parte.

 

Mario insiste, e il giorno dopo fa trovare a Sara una caramella sul banco. Margherita le dice che le pareva fosse stato Fabio, ma Fabio non è venuto a scuola quel giorno. Sarà mica stato Mario?

In classe entra Mario, Sara si imbarazza e corre al suo banco, ci si siede e si sente osservata.

Di colpo si gira, ha di nuovo le treccine, e Mario fa un salto sulla sedia.

La maestra li vede, e li rimprovera. Dovete stare attenti! Dice. Sara si arrabbia, lei è sempre brava a scuola e Mario l’ha distratta. Che penserà ora la maestra?

 

Qualche giorno dopo Sara trova un biglietto nell’astuccio. Mi piacciono le tue trecce! C’è scritto. Sara si arrabbia e butta il biglietto nel cestino. Poi va fuori a giocare, è ricreazione. Con le sue amiche parla dell’ammiratore, le da fastidio, non ne vuole sapere.

Mario la guarda giocare, poi viene distratto dal pallone da calcio. Goal! Questo è per Sara!

 

La settimana dopo Mario arriva a scuola, è arrabbiato. Sara lo vede e un po’si preoccupa. Mario tiene la testa sul quaderno, Sara si avvicina e gli chiede cos’ha. Mario dice che non ha niente, e la manda via. Allora Sara ci rimane male, ma poi gli lascia un cioccolatino nella tasca del grembiule. Mario sa, e gli scappa un sorriso.

 

Al pomeriggio, durante la ricreazione lunga, si danno appuntamento alla siepe con le bacche. Mario le dice che è innamorato, Sara non sa che rispondere. Allora Mario vedendola preoccupata dice così:

“Se io sono innamorato di te, vuol dire che quando gioco a pallone con i maschi tu puoi venire a tirare una volta.”

Aggiunge:

“Poi vuol dire che tutte le mattine mi devi aspettare fuori dal cancello e mi devi dare la mano. E se tu sei innamorata di me vuol dire che io aiuto te e tu aiuti me. Se le tue amiche ti danno fastidio, tu mi chiami e io arrivo. E se io non ho fatto i compiti tu mi fai copiare i tuoi”

 

Poi la guarda e chiede:

“Poi ogni tanto vorrei toccare le tue trecce, sono molto belle!”

 

Sara tira fuori dalla tasca la gomma, e con la penna scrive “Sì”.

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